La legge sull'albergo diffuso e la sua incongruenza con le strutture urbanistiche dei borghi italiani.
L’albergo diffuso, una proposta ricettiva per sviluppare forme di turismo sostenibile. Capofila nel progetto, la regione Sardegna, la prima in Italia ad avere un chiaro riferimento nella legislazione regionale a questa formula di accoglienza. In occasione della prima Giornata Nazionale dell’Albergo Diffuso sono stati presentati a Rimini i dati del monitoraggio annuale sulla situazione di questa forma di ospitalità in Italia.
Seguendo la ricerca di Giancarlo Dall’Ara, docente di Marketing nel turismo presso l’Università di Perugia, l’albergo diffuso ha una struttura che si potrebbe definire “orizzontale”. Ubicato nei centri storici dei Comuni, è caratterizzato da una unicità del servizio di ricevimento e dei servizi comuni, per unità abitative che sono invece dislocate in locali diversi, seppur vicini tra loro. È una formula “particolarmente adatta a borghi e paesi caratterizzati da centri storici di interesse artistico ed architettonico che, in questo modo, possono recuperare e valorizzare vecchi edifici ed al contempo evitare di risolvere i problemi di ricettività turistica con nuove costruzioni”.
Venendo alla legislazione in materia, la definizione di albergo diffuso è stata data dalla normativa della regione Sardegna, la prima in Italia a riconoscerlo e a classificarlo come formula ricettiva distinta dalle altre. Un primo accenno si ritrova nella legge regionale del 14 maggio 1984, n. 22, ove all’art. 3 “Specificazione delle aziende ricettive alberghiere” è data l’indicazione che segue: “… Possono assumere la denominazione di villaggio albergo gli alberghi caratterizzati dalla centralizzazione dei principali servizi in funzione di unità abitative dislocate in più stabili e dall’inserimento dell’insieme ricettivo in un’unica area recintata e attrezzata per il soggiorno e lo svago della clientela …”.
da www.ghnet.it/Article162.html
Vedi anche Albergodiffuso.com, Albergodiffuso.it .
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