20070515

Le scafe nel territorio di Montecassino


Prima della costruzione dei ponti, ed in alcuni punti anche in tempi recenti, i fiumi sono stati attraversati con le scafe: erano delle grosse zattere che con due carrucole scivolavano lungo una fune posta attraverso il fiume; la fune impediva che la zattera venisse trascinata a valle e, in quelle più piccole, serviva allo scafaiuolo che, stando sulla zattera, vi si aggrappava facendo camminare l’imbarcazione sull’acqua. Quelle più grandi, invece, erano tirate da terra alternativamente da una sponda e dall’altra.
Nel passato i corsi d’acqua del cassinate ricadevano, come tutto il territorio, sotto la giurisdizione di Montecassino e spettavano al monastero tutti i diritti relativi, come: la pesca, la costruzione di mulini, l’attraversamento con scafe, ecc. Durante una fase di restaurazione intrapresa dall’abate Bernardo I Ayglerio (1263-1282), furono fatte diverse indagini - inquisizioni - per accertare tutti i diritti spettanti al monastero; durante l’indagine venivano interrogate le persone sotto giuramento ed in presenza dei testimoni. Una di queste, fatta nel 1273, ebbe per oggetto l’accertamento dei diritti da pagare all’abbazia per l’attraversamento dei fiumi Liri, Garigliano e Rapido sulle scafe del monastero.
Il sistema tributario medievale prevedeva il pagamento di pedaggi per l’attraversamento dei ponti, dei valichi, delle valli, ecc. e quelli riscossi da Montecassino per l’attraversamento dei fiumi si inserivano a pieno nel contesto storico del tempo, vista anche che nelle carte cassinesi non si trova traccia delle altre “diverse imposte che si pagavano per passare per certe vie, ponti, porte da soli o con animali”.
Vi era una vera e propria Tabella dei diritti dovuti allo scafaiuolo del monastero.
Un riferimento indiretto alla quantità di merce trasportata si aveva per alcuni prodotti, i quali scontavano una tariffa se trasportati con i cavalli ed una inferiore se trasportati addosso dal mercante. In qualche caso, invece, la tariffa era fissata per una quantità di merce stabilita tra un minimo ed un massimo (da ½ a 6 canne di panni trasportati addosso), lasciando allo scafaiuolo il compito dell’accertamento.
Una certa attenzione era riservata a chi trasportava prodotti poveri dell’artigianato locale per rivenderli all’altra parte del fiume, come cesti di vimini costruiti dai contadini, per i quali la tariffa era addirittura inferire rispetto a quella pagata dai pedoni che attraversavano senza un scopo ben preciso; certo è che allora la maggior parte delle persone lavorava nei propri campi vicino casa e spostarsi era quasi un lusso. Gli attraversamenti con gli animali erano differenziati tra capi grandi e capi piccoli ed in ragione del numero degli stessi, però, tenuto conto del valore relativo, i capi piccoli erano maggiormente tassati.
Le meretrici pagavano quanto gli artigiani, mentre per i cantastorie c’erano due tariffe: una ridotta e pari a quella degli altri pedoni se suonavano dall’altra parte del fiume, ed un’altra maggiore, pari a quella degli artigiani, se non suonavano. La doppia tariffa era sicuramente un provvedimento di politica sociale, ma resta il dubbio sui mezzi usati per accertare se, una volta attraversato il fiume, la condizione venisse rispettata o meno. Qualche cosa di simile esisteva per il falconiere il quale transitava addirittura gratuitamente se aveva con sé il falco; la disposizione sembra far propendere per un incoraggiamento alla caccia con il falcone, cosa tanto cara a Federico II che era scomparso da qualche decennio quando fu fatta l’indagine relativa a questi diritti, ma che tanta influenza aveva avuto nella vita del Cassinate, anche dal punto di vista fiscale.
Infine le agevolazioni per i monaci e gli eremiti, che pagavano solo una candela per motivi sociali, e le esenzioni totali per i corrieri del Papa o di qualsiasi Re, i quali non pagavano alcun diritto per motivi politici nei rapporti che Montecassino manteneva con i vari potenti del tempo.
Una volta assolto il diritto relativo al primo attraversamento, tutte le categorie non pagavano nulla se riattraversavano il fiume lo stesso giorno; si trattava di qualche cosa molto vicino agli odierni biglietti a tempo sui mezzi pubblici.
Nel periodo in esame le entrate e le spese del monastero di Montecassino facevano capo a diversi centri amministrativi, come se fossero tanti piccoli ministeri odierni; le entrate delle scafe spettavano al Cellerario, che era l’amministratore generale del monastero. Egli doveva provvedere alla riparazione degli approdi, come poteva costruirne dei nuovi per la costituzione di altri passaggi lungo i fiumi.
Gli abitanti dei centri prossimi al fiume, invece, erano soggetti ad alcune prestazioni in natura, in opere lavorative o in denaro ogni qual volta la scafa doveva essere riparata o sostituita con una nuova, che veniva costruita sul posto5. Si tratta sempre del sistema medievale di tassazione, dove le imposte venivano pagate in denaro, con beni in natura o con la prestazione di giornate lavorative non retribuite.
Le scafe erano diverse e, fatta eccezione per quelle più importanti e per quelle giunte fino ai tempi nostri, non sempre è facile individuarne il numero e la localizzazione. Oltre alle 5, di cui dirò dopo, che sono rimaste a lungo nei possedimenti di Montecassino, ce ne erano delle altre lungo il Garigliano, alcune delle quali erano fra quelle più grandi sia per il traffico che smaltivano, sia perché congiungevano le rive dove il fiume era più largo. Nel tempo queste scafe sono appartenute ai diversi signori che controllavano i territori attraversati dal fiume e quelle verso la foce, dove il dominio di Montecassino si è esteso per poi doversi ritirare, sono rimaste meno a lungo nelle mani del monastero.
Torniamo ora alle scafe ricadenti nel territorio di Montecassino nel 1500, che segnò un altro periodo d’oro per il monastero con una consistente rinascita, anche economica. Verso la metà del periodo questa era abbastanza consolidata e dai registri contabili, che l’amministrazione monastica teneva in partita doppia, emerge che le scafe erano 5 e tutte ubicate sul Liri-Garigliano, da monte a valle come appare nella seguente tabella.
Località Fitto 1545-46 ducati Fitto 1546-47 ducati e tarì (*)
Roccaguglielma 12 12.0
S. Giorgio 18 18.1
S. Apollinare 6 6.0
Vantra 14 14.0
Mortola 6.0
Totale 50 56.1
(*) Il ducato si divideva in 5 tarì.
La scafa di Roccaguglielma (oggi Esperia) era fittata al comune, mentre le altre erano fittate ad uno o più cittadini privati; allora l’esercizio amministrativo non coincideva con l’anno solare e il fitto, pagabile in una o più rate, decorreva dal 29 giugno, data importante per la chiesa cattolica perché coincide con la festa dei Santi Pietro e Paolo. Comunque c’era anche un fitto che decorreva dal 10 luglio10. Il fitto rimase pressoché invariato per i due esercizi, in quanto solo quello della scafa di S. Giorgio subì il lieve aumento di un tarì, pari all’1,11%. Ovviamente il fitto era rapportato, sia pure indirettamente, al transito sulla scafa e quella di S. Giorgio, che nel 1546 era fittata a Pietro Iannoni, era al servizio della strada più transitata di tutta la zona. Seguiva quella di Roccaguglielma, anche se per questa località oggi la situazione è completamente cambiata. A meno che il fitto, piuttosto alto rispetto alle restanti, non va giustificato con il fatto che il comune era moroso e, nel 1546, doveva 41 ducati di arretrati, oltre il fitto corrente.
Comunque in questo periodo le scafe sembrano più un servizio sociale che un centro di entrate per il monastero. Infatti la situazione non era migliore per le altre scafe i cui fittuari raramente saldarono i conti o pagarono nel numero di rate previste. Il monastero era tenuto alla riparazione delle scafe e quando queste venivano riparate dai fittuari il costo dei lavori fatti veniva portato in diminuzione delle somme da versare12.

Agli inizi del 1700 troviamo ancora tutte le suddette scafe riportate nelle carte che Marcello Guglielmelli realizzò per l’abbazia di Montecassino. Egli mise in evidenza anche diversi ponti in tutto il Cassinate, e specificò se erano in pietra o meno. I ponti erano stati costruiti sui corsi d’acqua minori, mentre le scafe erano ancora in esercizio nel tratto più largo del fiume, dove sarebbe stato più difficile, oltre che più costoso, costruire i ponti.
Se veniamo ai nostri giorni, vediamo che alla fine della seconda guerra mondiale, che sconvolse tutto il Cassinate, queste scafe erano ancora in funzione o dovettero essere ripristinate. I tedeschi in ritirata fecero saltare i ponti sul Liri e, per l’attraversamento del fiume, si dovettero ripristinare le scafe di S. Giorgio e di S. Ambrogio (scafa di Vantra), fino a quando i ponti non furono ricostruiti.
La scafa di S. Apollinare, invece, è rimasta in funzione fino al 1954, quando venne inaugurato il ponte costruito per la prima volta sul fiume. Ma la scafa, come viene indicato sulle carte geografiche, da tempo era passata in proprietà del comune; forse dal 1866 quando furono confiscati i beni a tutti gli ordini monastici. Il servizio era qualche cosa di molto familiare e i residenti sul posto pagavano in moneta od in natura, spesso aggiungendo delle regalie periodiche in vettovaglie - vino od altro - in coincidenza con le feste principali dell’anno. Chi voleva attraversare di note doveva chiamare appositamente lo scafaiuolo che, anche se dormiva dall’altra parte del fiume, sentiva benissimo chi lo chiamava ad alta voce.
Qualcuno, se non udito dalla scafaiuolo, si avventurava lungo la fune che attraversava il fiume e qualche volta finiva in acqua. Frequentemente su tutte le scafe i passeggeri aiutavano lo scafaiuolo nel tirare, stando sul mezzo, la fune fissa che faceva avanzare la zattera.
Nel dopoguerra hanno funzionato ancora anche le scafe di Esperia e di Mortola: la prima in un punto dove non è stato mai costruito un ponte e la seconda a circa 2 chilometri a monte del ponte di Suio, che già esisteva da tempo. Prima della massiccia diffusione dei mezzi di trasporto, accorciare il viaggio anche solo di qualche chilometro costituiva un vantaggio e la scafa di Mortola era al servizio soprattutto delle famiglie che avevano i parenti dall’altra parte del fiume e dei contadini che vi si dovevano recare a coltivare la terra.
La zattera era condotta da una famiglia che andava avanti con i pedaggi riscossi dai clienti; il pagamento avveniva per la maggior parte in abbonamento ed in natura: chi passava spesso pagava annualmente un tomolo di grano, chi passava meno frequentemente pagava mezzo tomolo.
Sembra che sia stata l’ultima scafa a scomparire sul Liri-Garigliano.

Estratto da:
http://www.cassino2000.com/sezioni.php?action=content&idsezione=314&cat=Montecassino

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